Brenta e Bacchiglione
(28 febbraio 2013) - Abbiamo sempre tutti creduto, e ripetuto a nostra volta, che il fiume della Padova paleoveneta e romana, l’antico Medoacus, non fosse il Bacchiglione come oggi, ma il Brenta, che si riteneva scorresse più a sud rispetto ad ora. Poi, verso la fine del VI secolo d.C., uno sconvolgimento idrografico ne avrebbe spostato il corso più a nord e nel suo alveo si sarebbe spostato - o secondo altri sarebbe stato deviato per intervento umano - il Bacchiglione. Magari conservando qualche residuo apporto di acque del Brenta da nord.
Questo schema giustificava in modo convincente l’ampiezza dell’alveo, attraversato da ponti romani a tre e a cinque arcate, troppo ampio per il Bacchiglione. E per questo poi ridotto in epoca medievale.
Ebbene, bisognerà abituarsi all’idea che questo schema, per quanto logico e comodo potesse apparire, è semplicemente sbagliato: non corrisponde alla realtà dei fatti.
La notizia era già stata annunciata nel corso della giornata di studi I fiumi e la città - Geoarcheologia urbana a Padova e in Italia, tenutasi all’Archivio Antico del Bo lo scorso ottobre, nell’ambito della quale erano stati presentati i risultati del progetto Padova Underground, promosso dal Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, con il sostegno della Fondazione Cariparo. La riproposizione dei risultati in una conferenza tenuta il 14 febbraio per la Società Archeologica Veneta [Nota 1] dal responsabile scientifico del progetto Paolo Mozzi e da Mariolina Gamba della Soprintendenza, ci dà l’occasione per parlarne. Non è ovviamente un argomento che abbia una particolare attinenza con le fortificazioni, ma ha una tale rilevanza per la storia della città che ci pare doveroso riferirne.
Lo studio ha interessato un ampio tratto di pianura compreso tra i fiumi Brenta e Bacchiglione, con particolare attenzione all’area urbana e al centro storico. Grazie a riprese satellitari e rilevamenti da aereo con sensori laser e fotocamere digitali multispettrali, è stato possibile riconoscere gli antichi percorsi fluviali e le impercettibili elevazioni del terreno, di origine naturale e antropica, che contraddistinguono questo territorio. Sulla base delle indicazioni emerse in questa prima fase sono stati poi effettuati una serie di carotaggi mirati per stabilire quali fiumi abbiano attraversato la città e quando.
Ne è risultato, in brevissima sintesi, che il Brenta ha sì formato l’ansa e la controansa entro le quali Padova è nata e si è sviluppata, ma lo ha fatto all’incirca fra i seimila e i duemila anni prima di Cristo. Alla fine del secondo millennio a.C. è stato poi sostituito dal Bacchiglione, che è quindi il fiume di Padova fin dalla nascita della città, la cui formazione è da collocare intorno o poco dopo il mille avanti Cristo.
L’area oggetto dello studio risulta attraversata da due bacini idrografici disposti approssimativamente in direzione ovest-est e convergenti su Padova, separati da una dorsale, ma con un punto di collegamento nei pressi di Veggiano. Quello più settentrionale corrisponde alla fascia di paleomeandri detta della Storta, quello meridionale all’attuale bacino del Bacchiglione.
Il Brenta ha occupato fino al VI millennio a.C. il bacino settentrionale, per spostarsi poi in quello meridionale, probabilmente con il Bacchiglione come affluente. Prima del mille a.C. si è poi spostato molto più a nord, nel suo bacino attuale, lasciando al Bacchiglione bacino e alveo meridionali.
A questo punto ci si tornerà a chiedere perché mai allora Patavium abbia avuto ponti così lunghi, se fin dall’inizio il suo fiume era il Bacchiglione e non il Brenta. La cosa in realtà non deve meravigliare: innanzitutto l’alveo era quello antico del Brenta, quindi già ampio. Inoltre il Bacchiglione stesso era un fiume di portata maggiore rispetto a oggi che gran parte delle sue acque vengono dirottate nel canale Battaglia e nello Scaricatore. E comunque è un fiume da sempre soggetto a piene disastrose. Non sorprende quindi che i Romani abbiano ritenuto prudente lasciarlo scorrere in una alveo sufficientemente ampio da contenerne le piene.
Lo studio ha anche suggerito qualche possibile spiegazione del perché Padova sia nata proprio in quel punto, fra quei due meandri, e non fra altri. Forse il fatto che fosse già in antico presente il taglio del primo meandro, che creava un'insula naturale, circondata dall'acqua e quindi più sicura. Forse anche un livello del terreno leggermente più elevato fra queste due anse che nel resto della pianura, offrendo una maggiore sicurezza, ma garantendo nel contempo approvvigionamento idrico e facilità di comunicazioni. Pochi metri, non decine, ma forse sufficienti per fare la differenza rispetto a un terreno naturalmente soggetto a impaludamento, come era allora la pianura veneta, percorsa da fiumi meandriformi, di regime imprevedibile e soggetti a divagazioni continue.
Naturalmente non a tutte le questioni lo studio ha dato risposta. Resta aperto in particolare il problema di quando sia avvenuto lo sdoppiamento del corso del Bacchiglione e la sua inversione nel tratto più tardi denominato Naviglio interno, o fiumesello. Se cioè sia avvenuto contestualmente, oppure in un secondo tempo e in tal caso quando, e se per evento naturale o per intervento dell'uomo.
Un ulteriore dato, fra i tanti esposti nella conferenza, ma particolarmente interessante per noi, è l’individuazione di un diverso corso, per il momento non databile, della seconda ansa, che chiudeva più stretta di quella ancora segnata dal canale Santa Chiara, per piegare verso est più o meno all’altezza di via Marzolo. Da lì in avanti il paleoalveo sembra curiosamente coincidere con quello presunto del Piovego prima che, agli inizi del cinquecento, venisse rettificato con la costruzione delle muove mura. Se così fosse, si spiegherebbe l’andamento sinuoso di quel canale, che sappiamo artificiale, perché scavato dal Comune di Padova nel 1209: per risparmiare tempo e lavoro si sarebbe rimesso in funzione un alveo antico. E poiché le mura carraresi correvano lungo quel canale, verrebbe indirettamente confermato anche il tracciato di queste.
Ci auguriamo che i risultati della ricerca siano presto pubblicati, almeno online [Nota 2], e che il progetto abbia un seguito che possa dare le risposte che ancora mancano.
Ugo Fadini
NOTA 1 - Il 6 aprile 2013 in sala Anziani a palazzo Moroni, il prof Paolo Mozzi e la dott.ssa Mariolina Gamba riproporranno la conferenza per il Circolo Storici Padovani
NOTA 2 - I risultati della prima fase del progetto sono stati pubblicati nel 2010 in un articolo sul numero 23/2bis della rivista Il Quaternario, disponibile online a questo link. Troverete il riassunto, in inglese e italiano, e a fondo pagina potrete scaricare l'articolo completo con le illustrazioni, ma solo in inglese.