BARTOLOMEO D'ALVIANO
a cinquecento anni dalla morte
† 7 ottobre 1515
"...il quale, ammalato a Ghedi, in bresciano, minore di sessanta anni, passò ne' primi dí di ottobre, con grandissimo dispiacere de' viniziani, all'altra vita; ma con molto maggiore dispiacere de' suoi soldati, che, non si potendo saziare della memoria sua, tennono il corpo suo venticinque dí nello esercito, conducendolo, quando si camminava, con grandissima pompa. E volendo condurlo a Vinegia,
non comportò Teodoro Triulzio che per potere passare per veronese si dimandasse, come molti ricordavano, salvocondotto a Marcantonio Colonna; dicendo non essere conveniente che chi, vivo, non aveva mai avuto paura degli inimici, morto, facesse segno di temergli. A Vinegia fu, per decreto publico, seppellito con grandissimo onore nella chiesa di Santo Stefano, dove ancora oggi si vede il suo sepolcro; e la orazione funebre fece Andrea Novagiero gentil uomo viniziano, giovane di molta eloquenza. Capitano, come ciascuno confessava, di grande ardire, ed esecutore con somma celerità delle cose deliberate, ma che molte volte, o per sua mala fortuna o, come molti dicevano, per essere di consiglio precipitoso, fu superato dagli inimici: anzi, forse, dove fu principale degli eserciti non ottenne mai vittoria alcuna."
Condensato nelle parole ammirate, ma alla fine anche taglienti, di Francesco Guicciardini, è questo il ritratto di Bartolomeo d’Alviano, capitano generale dell’esercito da terra della Serenissima, morto il 7 ottobre del 1515. Morto, pare, per un’infezione intestinale: quasi una beffa per lui, che solo pochi giorni prima aveva dato un contributo cruciale alla vittoria dei francesi a Marignano, epica battaglia, furiosa e sanguinosa, entrata nella storia come “la battaglia dei Giganti”.
Al condottiero umbro, corresponsabile della disfatta di Agnadello proprio per essere stato "di consiglio precipitoso", contravvenendo all'ordine dell'allora capitano generale Nicolò Orsini da Pitigliano di non ingaggiare battaglia, non mancarono mai la stima di colleghi e avversari né la fiducia incondizionata della Serenissima, che nel maggio 1513, pochi giorni dopo il suo ritorno dalla prigionia in Francia (era stato catturato proprio ad Agnadello), lo nominò capitano generale. Fra i suoi compiti, quello di rinnovare le fortificazioni dello Stato veneto, e in particolare quelle di Padova. Le mura come oggi ancora le vediamo, pur con integrazioni e adattamenti successivi, sono in gran parte quelle da lui progettate e completate dopo la sua improvvisa morte. E poiché il perimetro delle mura caratterizza ancor oggi la città, rendendola riconoscibile fra mille, possiamo affermare che egli ha di fatto disegnato e fissato per sempre la forma urbis di Padova.
A Bartolomeo d'Alviano sono dedicati il torrione Alicorno (l'unicorno, o liocorno, o alicorno, era la figura della sua impresa) e porta Liviana, che fa riferimento al vezzo umanistico di romanizzare il proprio toponimico, che il capitano aveva adottato, facendosi chiamare Bartolomeo Liviano.
(note e pagina a cura di U. Fadini)
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I ritratti di Bartolomeo d'Alviano
I contemporanei ci descrivono il condottiero di corporatura gracile, piuttosto brutto e anche storto, dotato però di un carattere burbero e risoluto e di una resistenza fisica non comune. Nessuno dei suoi presunti ritratti riflette quell'aspetto (se non forse quello, peraltro tardo, di Capriolo), né quel carattere (salvo quello attribuito a Giovanni Bellini, che però oggi si esclude possa essere effettivamente un suo ritratto). Ultimamente si è voluto vedere un d'Alviano giovane nel "Ritratto di armato con il suo scudiero" solitamente attribuito (con qualche dubbio) a Giorgione, noto come "Gattamelata", ora attribuito a Paolo Moraldo.
Ritratto di Bartolomeo d'Alviano probabilmente eseguito con lui in vita
Ritratti di Bartolomeo d'Alviano eseguiti in epoca successiva alla sua morte
Ritratti erroneamente ritenuti di Bartolomeo d'Alviano
Lamento di Bartolommeo d'Alviano (1515)
Da "Lamenti storici dei secoli XIV, XV e XVI", a cura di Antonio Medin e Lodovico Frati, Vol. III, Bologna 1890, riportiamo qui uno dei tanti lamenti poetici composti in morte di Bartolomeo d'Alviano in italiano, latino e francese
POST MORTEM ILLUSTRISSIMI BARTHOLOMEI LIVIANI,
SERENISSIMI DO. VE. ARMORUM CAP. GENERALIS,
VIVO ET DEFUNCTO SERVITOR,
BERNARDINUS DA ROALIAS, CIVIS TERGESTINUS.
Or chi trovar potrà rime né versi ?
né del lugubre caso e adversa sorte,
quanto che basti, chi potrà dolersi ?
O invida, nemica e injusta morte,
come ne turbi un si prosper successo,
e a quanta occasion chiuse hai le porte!
O car Livian, ben conosciuto adesso
è ‘l tuo valor e ‘l mar di tue virtute,
e quel che fusti ora si vede expresso.
El viver tuo di quanta era salute
ancor qualch'anno al veneto senato!
quante speranze a terra son cadute!
O de' miser mortali incerto stato!
vani disegni resoluti in vento!
jattura grave, e caso sì insperato
Tu, intrepido, viril, pien d'ardimento,
ogni terra expugnavi, ogni fortezza,
e sol el nome tuo dava spavento.
Con tua celleritate e gran presteza
ogni difficultate penetravi
et addolcavi ogni sublime alteza.
E come che con l’occhio tuo miravi,
subito et ad un tratto era scoperto
el più opportuno loco, e lì expugnavi.
O sol di guerra capitano experto,
che un simil non produsse ancor natura
di fede e di valor: questo è pur certo!
Or che dirò ? con quanto studio e cura
di Antenor la cità festi potente
con fossi e torri e inexpugnabil mura?
Trevisi ancora del tuo ingegno sente,
factosi munitissimo e securo,
che le speranze ostil restano spente.
Ma di ciò, signor car, ben ti assecuro;
ché morto sei con tanta phama e onore
che non sarai per alcun tempo obscuro.
Se morto sei! a ben che quel sol more,
che resta sencia nome e sencia gloria,
e obscur si trova sencia alcun splendore.
Tu desti al Cristianissimo Victoria;
per te Venetia si alcia e vive in festa:
te inalceran con titoli ed istoria!
Provederanno a tua consorte mesta, (1)
a Livio Livian, tuo caro erede,
e a l’altra prole anco[r], che di te resta.
Io, tuo servo fedel, come si vede,
le exequie fatte i't'ho d'amaro pianto,
che ‘l duol ch'io sento ogni passion excede.
Sol questo ancor dirò: portasti el vanto
de quanti illustri mai montorno (2) in sella;
e,
se spogliato hai qui il terrestre manto,
de Marte in ciel sei fatto un'altra stella.
NOTE
(1) Pantasilea Baglioni, sorella di Giampaolo.
(2) Il cod. ha: mancomo.
Link esterni:
- Bartolomeo d'Alviano nel Dizionario Biografico degli Italiani Treccani
- Bartolomeo d'Alviano in Wikipedia
- Castello di Alviano
Celebrazioni per il Cinquecentenario della morte: