Le palazzine di via Trieste(15 luglio 2019) - Si tratta della più futile fra le polemiche di questi ultimi anni, in una città che ben altri sfregi ha subito e sta per subire, nella generale indifferenza, anche di gran parte dei firmatari di quest’ultimo appello...

 

Invece rieccola, appunto, la richiesta di demolire le palazzine di piazzale Boschetti, colpevoli soltanto di non essere capolavori di architettura, ma recuperabili a dignità, né più né meno di un qualsiasi altro edificio, più o meno storico. Rimuovere il vincolo posto dalla Soprintendenza! Dove l’obiettivo, alla fine, non sembra tanto quello di ampliare l’area verde di quei pochi metri quadrati, quanto di colpire la Soprintendenza,

quella di ieri come quella di oggi, additandola come fastidioso ostacolo al giusto e sacrosanto diritto di una città di autodistruggersi, come Padova ha fatto, caparbiamente, ormai per un secolo abbondante. Del resto, la polemica si era aperta lo scorso novembre con parole indegne e infamanti nei confronti del compianto Soprintendente Guglielmo Monti, ormai impossibilitato a difendersi. Accuse riprese pochi giorni fa in un intervento dell’ex presidente della Camera di Commercio, anche se omesse nel nuovo appello “corale”. Giusto o sbagliato che fosse il suo punto di vista, l’intento del Soprintendente, come sa chiunque si sia preso allora la briga di parlarne con lui, non era quello di impedire la realizzazione dell’auditorium, come si vuol far credere, quanto di conservare un segno della città precedente, in un contesto oggi completamente mutato. Esigenza che, infatti, non ha costituito un problema per nessuno degli architetti che hanno partecipato a suo tempo al relativo concorso. Forse più avvezzi a considerare condizionamenti e vincoli come occasioni per soluzioni progettuali originali, piuttosto che ostacoli, rispetto ai colleghi che ora sottoscrivono l’appello per la demolizione.

Si lascia erigere, quasi senza fiatare, un edificio fuori scala praticamente sulle mura, un’opera che deturperà il paesaggio urbano per decenni a venire e creerà una cesura insanabile nella continuità del Parco delle Mura e delle Acque, ma va bene così, tutti felici, perché certo, si tratta di un’opera urgente e necessaria, come la nuova pediatria. Che l’edificio si potesse (e ancora si possa) costruire altrove, o in modo diverso, questo non importa a nessuno.

Ma quelle due innocue palazzine no, quelle proprio non le si può tollerare, devono sparire!
E pazienza se demolirle vorrà dire perdere un pezzo del Parco Iris, perché non sarà più possibile scambiare il volume edilizio, là previsto da precedenti inopportune decisioni, con quello delle palazzine, secondo la soluzione virtuosa escogitata dal vicesindaco Lorenzoni. Tanto del parco Iris, a chi vive nel centro storico, cosa importa mai?

E pazienza pure, se l’eliminazione delle palazzine faciliterà il deflusso di gas di scarico e di rumori molesti verso il futuro parco Tito Livio, gas e rumori contro i quali le due palazzine fungono da diaframma protettivo, tanto più efficace se lo spazio fra di esse venisse riempito, creando una barriera continua. Una barriera anche visiva, rispetto agli specchi ustori del centro direzionale.

Di fronte a questo tipo di polemiche, e alle ragioni che le muovono, l’istinto porterebbe andreottianamente a pensar male...

Ugo Fadini, per il Comitato Mura di Padova

11 luglio 2019


Gli interventi recenti cui si riferisce il nostro commento

L'intervento dello scorso novembre di Mario Liccardo nche ha dato origine alla discussione e un render del progetto per il Parco Tito Livio

Parco Tito Livio, progetto Attolico

Il nostro commento come è apparso sui giornali (al Gazzettino, che ha esposto il comunicato come si trattasse di un'intervista, vogliamo ricordare che il presidente del CM è Maurizio Marzola, non Ugo Fadini, autore del commento a nome del Consiglio Direttivo dell'associazione), cui segue un ulteriore intervento di Camillo Bianchi, sul Mattino di oggi