
Vediamo di fare il punto, in attesa della relazione scientifica, alla quale gli archeologi della SAP Società Archeologica stanno lavorando e di cui vi daremo conto a tempo debito.
Innanzitutto, chiariamo una questione: molti si chiedono, e ci chiedono, come mai lo scavo sia stato rapidamente ricoperto. Purtroppo era inevitabile, per esigenze di sicurezza della viabilità, ma anche di conservazione di quanto ritrovato, ed era previsto fin dall’inizio. Si è trattato infatti di un’indagine puramente conoscitiva. Nessuno poteva sapere con certezza se e cosa si conservasse effettivamente nel sottosuolo, non si poteva escludere che ogni traccia delle strutture fosse stata a suo tempo rimossa e non era dunque possibile predisporre un eventuale progetto di conservazione.
Al contrario, si è scoperto che il progressivo rialzamento del piano stradale, in particolare fra XVI e XVIII secolo, ha permesso la conservazione sia del perimetro originario cinquecentesco, sia delle successive strutture murarie realizzate all’interno, suddiviso in più vani, in tempi e modi diversi. La sovrapposizione sia con i rilievi precedenti alla ristrutturazione di metà Ottocento sia con quelli successivi è risultata quasi perfetta, almeno per la parte esplorata, corrispondente al passaggio carrabile centrale, da un portale all’altro, e a parte dei locali disposti a est.
Confermata anche la conservazione del ponte, sia dei tre archi cinquecenteschi, sia di quello che, probabilmente a fine Settecento, aveva sostituito il ponte levatoio. Di tutti e quattro è stata individuata la volta, integra, mentre sembra essere stato a suo tempo rimosso il piano stradale.
Si sono poi ritrovati anche resti delle corsie in cemento in cui erano alloggiate le rotaie del tram: quelle di fine Ottocento, che correvano a fianco della porta, ma, a un livello di poco superiore, anche quelle successive al 1925 quando, demolita la porta, la linea fu spostata al centro del viale.
Ora che si conosce la reale consistenza dei resti, è possibile ragionare sulla possibilità di riportarli in luce, proteggendoli adeguatamente, oppure di elaborare qualche soluzione alternativa per “rendere visibile” la porta.
Il proposito di realizzare una vera e propria area archeologica si scontra con alcuni ostacoli, il principale dei quali è la limitatezza dello spazio disponibile, in presenza della circolazione veicolare e in considerazione della profondità dello scavo (oltre un metro e mezzo, come si è detto), che richiederebbe una fascia di sicurezza di almeno due/tre metri per lato, che ridurrebbe la parte visibile dello scavo a ben poca cosa. Anche nell’ipotesi, per il momento poco realistica, di ridurre il traffico e restringere ad una sola corsia la carreggiata su entrambi i lati, difficilmente si potrebbe ampliare lo scavo all’intero perimetro della porta (quindici metri circa di larghezza), sempre per la necessità di prevedere anche un’adeguata fascia di rispetto e sicurezza, che porterebbe la larghezza necessaria a una ventina di metri.
Si stanno dunque studiando soluzioni alternative. Innanzitutto, una fortunata coincidenza vuole che sia in fase di elaborazione, nell’ambito di un progetto universitario congiunto IUAV di Venezia e dipartimenti DICEA e DEI dell’Università di Padova, cui partecipa anche la nostra associazione, la modellazione tridimensionale della porta nelle sue diverse fasi storiche. Si sta quindi studiando il modo più appropriato per rendere la modellazione fruibile direttamente sul posto, ad esempio mediante applicazioni di realtà aumentata.
Una seconda soluzione, relativamente semplice, consiste nel segnare a terra, con materiali resistenti, il perimetro della porta e del ponte (e del tratto di mura che attraversa il viale), sia nello spartitraffico, sia nella sede stradale. Non mancano infine idee per una installazione, da collocare nello spartitraffico, che evochi l’antica presenza del monumento senza interferire con la visibilità necessaria alla sicurezza della circolazione.
Alla fine, si sceglierà probabilmente un mix delle diverse soluzioni, senza escludere a priori neppure la possibilità di riportare i resti in vista, almeno in parte e/o in un secondo tempo.
Ugo Fadini