(18 febbraio 2016) - Lo zelo, che sia quello di un romantico cultore ottocentesco di patrie glorie o quello di un intellettuale contemporaneo, per quanto generoso e sincero nelle intenzioni, gioca brutti scherzi.
A Carlo Leoni, quello di non essersi limitato a raccogliere e mescolare fatti storici e tradizioni popolari, ma, in mancanza, di esserseli inventati di sana pianta, per trarne le decine di iscrizioni, talvolta icastiche, più spesso magniloquenti, di cui tappezzò la città, a eterna memoria (peraltro, onore al merito, a sue proprie spese).
A Gaetano Pesce, valente architetto e designer, quello di aver preso per buone le fantasie di Leoni... (Il Mattino 13 febbraio c.a.).
Galileo e il suo cannocchiale con porta Molino proprio non c’entrano. Nessun documento a supporto, nessuna tradizione precedente, è pura invenzione di Leoni. Del resto, sarebbe difficile spiegarsi perché mai l’astronomo, con cattedra al Bo, dove esisteva una ben più alta torre, avrebbe dovuto sceglierne una più bassa e tanto più lontana da casa sua...
Ben vengano nuove proposte di valorizzazione di porta Molino, ma partano dalla sua realtà, non da una leggenda metropolitana, rischiando il ridicolo.
Unica torre della cinta duecentesca che si conservi in tutta la sua altezza (e anche un pochino di più: fu rialzata quando nella seconda metà dell’Ottocento vi fu installato il primo serbatoio dell’acquedotto), costituisce, con l’adiacente tratto di cortina, il più significativo avanzo della prima cerchia di mura della città comunale.
La torre, restaurata all’esterno in anni recenti, ma in stato di abbandono all’interno, nonostante le proposte di riuso in passato non siano mancate, offre gli ambienti più adatti a ospitare una auspicabile mostra permanente sulle mura medievali, le cui tre cerchie caratterizzarono la città fino alla costruzione delle mura veneziane. Davanti a essa si susseguono le cinque arcate di un ponte di origine romana, che attraversa il Tronco Maestro del Bacchiglione (non il Naviglio come erroneamente riporta l’articolo), a ridosso del quale sorgevano i mulini da cui la porta ha preso il nome: anche a essi potrebbe essere dedicata una mostra permanente all’interno della torre.
Quanto alla promenade proposta da Pesce, nulla da dire quanto al valore artistico, ci si chiede soltanto perché mai ogni iniziativa di valorizzazione debba passare attraverso la pavimentazione sistematica di ogni residuo spazio verde ancora miracolosamente conservato in una città che, come ormai noto, è ai primi posti in Italia per coefficiente di cementificazione. Golene e sponde di corsi d’acqua restino tali, per la gioia di chi lungo quei corsi d’acqua navigherà, alla scoperta delle mura, rinascimentali e comunali. Permettere la navigazione sul Tronco maestro è un obiettivo ben più concreto e rilevante che una ennesima passerella destinata all’abbandono, seppure nobilitata da (ben giustificati!) punti interrogativi d’artista.
Comitato Mura di Padova (U. Fadini)
L'articolo del Mattino del 13 febbraio
Porta Molino oggi e in una foto della seconda metà dell'Ottocento, prima dell'installazione del serbatoio dell'acquedotto: vi appare più bassa e manca ancora, a destra, il corpo dellla scala di accesso. Sotto l'arco, la fantasiosa epigrafe di Carlo Leoni, che ha tratto in inganno l'architetto Gaetano Pesce. L'interno della torre in una foto apparsa sul Gazzettino nel 1976: da allora nulla è cambiato.
Il tratto di Tronco Maestro del Bacchiglione lungo il quale Gaetano Pesce propone di realizzare una promenade, come si presenta oggi (la foto aerea è da Bing maps) e in una cartolina di inizio Novecento
I mulini che occupavano l'alveo del Bacchiglione a valle di ponte Molino in una foto di fine Ottocento e in un rilievo del 1812 conservato alla Biblioteca Civica; e il ponte negli anni Trenta, dopo la rimozione dei mulini
Una settimana dopo la pubblicazione del nostro commento sul Mattino di Padova del 9 marzo, il Corriere del Veneto pubblicava il 16 marzo un'intervista di Paolo Coltro a Gaetano Pesce, dalla quale ragionamenti e intenzioni del designer, sia riguardo al progetto, sia al desiderio di "lasciare il suo segno a Padova", di "fare qualcosa che resta", emergono con maggiore chiarezza.
Le nostre valutazioni non cambiano riguardo alla promenade, mentre attendiamo di capire meglio, non senza qualche apprensione, che cosa l'architetto intenda quando parla di ascensori e passerelle coperte "lungo le mura a destra di posta Molino". Installare un ascensore nel vano scale accostato alla torre nell'Ottocento, ammesso che lo spazio lo permetta, ci sta. Aggiungere altre sovrastrutture esterne alle mura e alla torre, se è questa l'intenzione, non sarebbe invece una buona idea. La torre duentesca ha un suo ruolo e una sua (vera) storia, un suo carattere da rivendicare e salvaguardare. E anche un suo look inconfondibile, celebrato in decine di illustrazioni e incisioni. È parte dell'immagine e della storia della città. Da prima, e forse più di Galileo!