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Per la gran parte dei Padovani l'8 febbraio è un giorno di festa legato ai riti goliardici degli studenti universitari. Questi a loro volta si svolgono proprio in questa giornata per ricordare i fatti del 1848 quando la ribellione degli studenti contribuì a liberare, temporaneamente, la città dal dominio austriaco. Fu il primo segno evidente del Risorgimento a Padova.
Esiste però anche "un altro" 8 febbraio importante per Padova, seppur meno noto e celebrato rispetto a quello di origine ottocentesca.
L'8 febbraio 1944 la città è colpita da un pesante bombardamento aereo che ha come obiettivo i binari ferroviari. Il primo effettuato in piena notte sulla città già colpita in diverse occasioni dal dicembre del 1943.
Le sirene antiaeree svegliano, poco dopo la mezzanotte, la città oscurata e dormiente. Adulti, bambini e vecchi scendono dai letti e si rivestono in fretta;, pronti a uscire di casa, chi per andare in aperta campagna e chi per riparare in luoghi ritenuti sicuri, i rifugi. Sotto le strade e le piazze cittadine sono state ricavate numerose strutture per ospitare la popolazione; alcuni rifugi però stati creati adattando porte e bastioni delle mura cinquecentesche. In realtà la sicurezza garantita da queste strutture, sia antiche che moderne, non è assoluta.
Molti abitanti della zona di barriera Trento, delle case popolari di via Citolo da Perugia, dell'asse di via Beato Pellegrino e della zona fuori le mura accorrono verso il rifugio del "Raggio di Sole" così chiamato perché limitrofo all'omonima scuola, nata per la cura dei ragazzi "deboli". In realtà, il rifugio altro non è che la parte interna e sotterranea del torrione Impossibile, uno dei primi costruiti della cerchia di mura cinquecentesche. Una galleria a forma di T, con scarsissima illuminazione e il cui unico arredo è costituito dalle panche in legno lungo le pareti. Alcuni entrano dal giardino della scuola, altri passano su due ponticelli di legno che, scavalcando la fossa delle mura, portano a due ingressi ricavati nello spessore murario. Qualcuno si porta dietro i pochi oggetti di valore, gelosamente nascosti sotto i cappotti; altri invece arrivano con qualcosa da mangiare. Nessuno sa quanto durerà il bombardamento. Centinaia di persone trovano posto nella galleria sotterranea, sperando che il suono del cessato allarme giunga al più presto.
Le bombe cominciano a cadere, sono aerei inglesi che le trasportano, i vecchi bimotori Wellington, usati quasi esclusivamente per i voli notturni perché troppo facilmente intercettabili di giorno. Trentotto velivoli sganciano 72 tonnellate di ordigni sulla città.
Una, una sola bomba cade sul rifugio, penetra lo spessore dell'antico terrapieno, rompe la volta in mattoni ed esplode. La deflagrazione, in un ambiente chiuso, è devastante. La volta del torrione si stacca dal resto della struttura, ma non crolla, le schegge e la tremenda onda d'urto uccidono circa 200 persone. Chi sopravvive si ritrova al buio, assordato dall'esplosione e circondato dai lamenti disperati dei feriti; chi non è ferito cerca familiari e amici seduti accanto fino a poco prima. E' molto difficile uscire dal rifugio, non si sa dove andare e altre bombe potrebbero ancora cadere. Dopo ore arrivano i primi soccorsi, sono i volontari dell'UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea) poi giungono semplici cittadini che vengono a cercare amici e parenti che credevano al sicuro. Ci vogliono ore per estrarre tutte le vittime, di molte si raccolgono resti che sarà impossibile riconoscere.
Una strage che però non lascia traccia nella stampa cittadina dei giorni seguenti perché il regime vieta di riportare notizie negative sugli eventi bellici. Don Luigi Rondin annota nel suo diario: "Dalle ore 2:30 alle 5 del mattino ha luogo il terzo bombardamento della città di Padova. Fu veramente terroristico. Si svolse in tutte le direzioni della città e del suburbio [...] Furono colpiti e distrutti rifugi con strage di ricoverati: nel rifugio così detto al "Raggio di Sole" le vittime ammontarono tra 200 e 300: un vero carnaio. Furono raccolte oltre alle vittime diciotto casse di resti umani".
I parenti delle vittime e i superstiti fanno realizzare, negli anni seguenti, un piccolo altare vicino all'ingresso del bastione, ma il ricordo di questa tragedia di guerra stenta ad entrare nella memoria collettiva della città, superando la cerchia di chi fu direttamente coinvolto dai fatti e visse quel momento.
Per evitare che la memoria di quella terribile notte e delle persone che vi persero la vita vada perduto il Comitato Mura - che ha sede proprio al torrione Impossibile - si associa alle iniziative che il Quartiere 5 Sud-Ovest da alcuni anni organizza per ricordare le vittime del bombardamento e soprattutto per raccontare ai padovani questa storia troppo poco nota.
Il testo che precede è stato redatto in occasione della celebrazione dell'8 febbraio dello scorso anno, sulla base delle testimonianze dirette raccolte nel corso degli anni dal Comitato Mura di Padova.
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Il servizio mandato in onda nel 2011 dal Tg di Telenuovo sui fatti dell'8 febbraio '44, con testimonianze dei superstiti
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