(6 aprile 2018) - Ora che l'iter per l'avvio della realizzazione del nuovo ospedale a due poli sta per chiudersi felicemente, sentiamo il bisogno di ribadire la nostra contrarietà al progetto, già in itinere, per la realizzazione della nuova pediatria, che, nella forma e localizzazione scelta, va in direzione opposta rispetto agli stessi contenuti dell'accordo, che fa esplicito riferimento al Parco delle Mura.
Lo facciamo con la lettera aperta che leggete qui sotto, inviata a tutti gli attori istituzionali coinvolti nella vicenda, a livello cittadino, regionale e nazionale, nonché a enti e personalità del mondo della ricerca, della tutela e della divulgazione in tema di beni architettonici e del paesaggio.
Padova: la nuova pediatria e il futuro della città
A Padova sta per verificarsi uno di quei terremoti urbanistici annunciati, ai quali contribuiscono tanti attori diversi, animati tutti da buone e anche nobili intenzioni, agenti tutti nel rispetto di leggi e vincoli, ma incapaci tutti, per ragioni diverse, di vedere in anticipo l’incombente disastro, scegliendo in tempo una soluzione alternativa, che nel caso in questione era (e ancora è) a portata di mano. Ma incapaci anche di rimediare a posteriori, fermando momentaneamente il processo, per correggere il tiro. Paralizzato, ciascuno di loro, dal timore di essere additato come “colui che ha bloccato tutto”.
Padova sembra avere una sorta di vocazione all’autodistruzione, alla cancellazione del proprio passato, storico e materiale, e della propria bellezza, per inseguire le lusinghe del progresso o le esigenze, pur legittime, del “pubblico interesse”. Lo ha fatto, fra le due guerre, con i piani di sventramento dei quartieri medievali, per fortuna arrestatisi prima che, come il quartiere S. Lucia, ne cadesse vittima anche l’area del ghetto. Lo ha rifatto, su vasta scala, nel secondo dopoguerra e in particolare negli anni sessanta, con il tombinamento del Naviglio, la totale cancellazione del quartiere Conciapelli, la sistematica demolizione, arrestatasi solo a fine anni Settanta, di quanto restava della cinta muraria comunale e la realizzazione del nuovo ospedale a cavallo delle mura cinquecentesche, contro il parere lungimirante di Luigi Piccinato, che l’ospedale lo avrebbe voluto collocare all’esterno della città. Tutto ciò senza, per contro, riuscire a darsi una nuova forma compiuta, fra incertezze e inadeguatezze culturali.
E tuttavia, una sua forma, Padova, in realtà la conserva, non solo in pianta. Gliela danno le sue mura cinquecentesche, che ne cingono quasi per intero il centro storico, con le strade di circonvallazione ancora oggi in uso. Si tratta della più estesa cinta muraria rinascimentale sopravvissuta fino a oggi in Europa, la prima mai costruita a difesa di una grande città di pianura, in conseguenza di un evento storico, la guerra di Venezia con la Lega di Cambrai, nel quale si giocavano le sorti della Serenissima, ma di conseguenza dell’Europa intera. Un’opera per i tempi colossale, seppure imperfetta e oggi in uno stato di conservazione non certo ideale, ma, per tutte questa ragioni messe insieme, degna di essere simbolo, non solo grafico, della città.
E proprio negli ultimi anni la città e le sue istituzioni ne hanno finalmente preso coscienza, dando il via, con l’amministrazione Bitonci, a un programma organico di recupero e valorizzazione nell’ambito di un “Parco delle Mura e delle Acque” che dovrebbe costituire l’occasione per un riordino urbanistico complessivo della città, con il recupero di area degradate, che intorno alle mura ruotano, e di quanto resta della rete fluviale, a esse strettamente legata. Caduta quell’amministrazione, per fortuna il processo non si è interrotto: il Parco delle Mura era per la prima volta presente in bella evidenza nel programma di tutte le principali forze politiche che si sono presentate alle ultime elezioni e viene ora portato avanti dall’amministrazione del sindaco Giordani. Un progetto della e per la città, dunque, che prescinde dagli schieramenti politici.
Sembrava fatta, quarant’anni di intenso e assiduo lavoro da parte del Comitato Mura e di altre forze culturali stavano finalmente producendo un risultato concreto. E invece...
Una decisione presa dall’Azienda ospedaliera a marzo 2017, durante il periodo di commissariamento del Comune rischia di compromettere fin da subito l’organicità del progetto, minandone l’efficacia come volano di rigenerazione urbana.
Va detto che di problematicità il progetto ne ha certamente molte, a partire dai lunghi tratti di cortina lungo, e talvolta sopra, i quali sono sorte abitazioni private, occupando le aree dei terrapieni e delle fosse. Aree che però, essendo le mura di proprietà comunale dal 1882, ospitano anche edifici pubblici, molti di non particolare pregio. Si conta dunque, con il tempo, di poterle in parte liberare, trasferendo le funzioni pubbliche in altra sede. Senza particolare fretta, nei giusti tempi, ma avendo ben chiaro l’obiettivo.
E questo vale anche, e a maggior ragione, per l’area ospedaliera, che delle mura nasconde un buon tratto, occupando fra l’altro la sommità e l’interno del maestoso baluardo Cornaro di Michele Sanmicheli, il più grande bastione di Padova.
Dopo aver sperato che ospedale e policlinico venissero entrambi trasferiti per intero, mantenendo nell’area funzioni sanitarie ridotte, abbiamo comunque accolto con favore la soluzione infine concordata fra Comune e Regione, che vedrà l’ospedale cittadino rimanere nell’attuale sede, con un minor numero di letti e dunque con volumi complessivi ridotti rispetto a ora, e un nuovo policlinico sorgere a Padova Est.
In tal modo si sono create le premesse perché il progetto del Parco delle Mura possa ridare forma anche a un’area come quella ospedaliera, cresciuta disordinatamente, seguendo e inseguendo le esigenze sanitarie, certo sacrosante, senza però porre la minima attenzione al contesto e in particolare alla presenza storica delle mura, salvo il rispetto formale dei vincoli esistenti, purtroppo limitati e insufficienti. Un ridisegno che preveda magari di riportare alla luce, all’interno di un’area ospedaliera finalmente vivibile, anche il canale San Massimo, una delle matrici storiche della città (era l’antico corso naturale del Bacchiglione), con evidenti ricadute positive per la vivibilità e la bellezza dell'area.
La decisione dell’Azienda di costruire all’interno della cinta muraria, ma a soli 26 metri, come prescritto dal vincolo, e a soli 16 dal baluardo, un edificio di 31 metri di altezza per 72 di fronte e 25 di profondità, sconvolge ogni prospettiva di recupero dell’intera area. Non solo le mura sarebbero ridotte a un misero muretto di cinta. Non solo il baluardo, che pur si promette di liberare dagli edifici che lo occupano, sarebbe schiacciato dall’ombra dell’enorme parallelepipedo. Ma la collocazione in quel punto della nuova pediatria porterebbe con sé almeno un secondo edificio delle stesse dimensioni, da collocare dietro al primo, per ospitare la clinica ostetrica, necessariamente vicina, a completamento del previsto ”Ospedale della mamma e del bambino”.
Ora, vorremmo fosse chiaro che nessuno mette in discussione la necessità di trasferire la pediatria dalla attuale sede, in stato di forte degrado. Quello che non è chiaro è perché non si sia scelta un’area meno esposta, oltretutto già libera da edifici, come quella verso via Cornaro, dove si sarebbero potuti collocare i volumi necessari, sia a pediatria che a ostetricia, senza l’impatto devastante che avranno nel luogo prescelto.
E la cosa singolare è che tutti i protagonisti della vicenda, dal Sindaco, al vicesindaco, al presidente della V commissione del Consiglio Regionale, allo stesso direttore dell’Azienda Ospedaliera, senza contare l’architetto incaricato, gli assessori comunali alla Cultura e all’Edilizia Pubblica con delega al Parco delle Mura e chiunque altro abbiamo contattato in questi ultimi mesi, ammettono che effettivamente la scelta non è stata felice e che sì, effettivamente erano possibili scelte alternative. Ma tutti ritengono che sia ormai impossibile fermare la macchina in corsa. Perché comporterebbe un ritardo inaccettabile, esponendo tutti loro alle prevedibili proteste delle associazioni interessate alla soluzione del problema pediatria. E attirerebbe su chi di loro per primo proponesse una pausa di riflessione l’accusa di voler sabotare l’intero processo per ragioni inconfessabili.
Sono preoccupazioni giustificate, inutile negarlo, come giustificate sarebbero le inevitabili proteste da parte delle associazioni di genitori e di quelle che si occupano di patologie infantili.
Ma se tutti prendessero atto dell’errore commesso, con onestà, senza aver paura l’uno dell’altro, senza calcoli politici, e si sedessero intorno a un tavolo e scegliessero, assieme, con reciproco rispetto e nel comune interesse, una nuova collocazione più adeguata, che non condizioni negativamente il futuro dell’intera città, sarebbe possibile, a parere dei tecnici, ridurre il necessario ritardo a poche settimane.
Non ne varrebbe la pena, non sarebbe doveroso e bello farlo, per una città che ha già subito tante ingiurie? E per i suoi cittadini, che si aspettano di vivere finalmente in una città sana, bella e vivibile? Non è questo che chi amministra una città (e una regione, e un paese) deve proporsi come obiettivo primario?
Le brutture abbrutiscono. E nuocciono gravemente alla salute.
Associazione “Comitato Mura di Padova”
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(clicca sulle immagini per scaricarle)
Simulazione del'impatto del nuovo edificio di pediatria nel contesto attuale. In giallo iul tracciato delle mura (elaborazione grafica Comitato Mura di Padova)
Simulazione del'impatto del nuovo edificio di pediatria nelpossibile contesto del futuro parco delle Mura, che prevede la liberazione del baluardo Cornaro e della fossa dagli edifici attualmente esistenti. L'edificio rende impossibile il recupero della antica "strada delle mura" (elaborazione grafica Comitato Mura di Padova)
Simulazione dell'impatto volumetrico del nuovo edificio pediatrico, rispetto alle dimensioni dell'edificato esistente (elaborazione grafica Comitato Mura di Padova)
La nota uscita sul Mattino di Padova del 7 aprile 2018